L’istinto di conservazione è innato nell’uomo, si possiede fin dalla nascita e la ricerca di sicurezza nelle attività umane, compresa quella nei luoghi di lavoro, si perde nel tempo.
Se chiedessimo a un certo numero di persone da quanto tempo sussiste una legislazione sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, la maggior parte di essi, ricorderebbe gli anni della rivoluzione industriale o il 1994, quando nacque il primo testo unico sulla materia, la “famosa 626” che ancora oggi viene citata a sproposito, dato che ormai è stata abrogata da una quindicina d’anni.
Invece, già nella Bibbia – IV sec. a.C. – nel libro del Deuteronomio al capitolo ventidue, versetto otto, troviamo scritto: “Quando costruirai una casa nuova, farai un parapetto intorno alla tua terrazza, per non attirare sulla tua casa la vendetta del sangue, qualora uno cada di là”.
Sempre nel IV sec. a.C., Ippocrate si occupava del rapporto tra lavoro e malattie, insegnando ai suoi discepoli a informarsi sempre del mestiere dei loro pazienti per meglio diagnosticare le malattie: possiamo considerarlo precursore della medicina del lavoro in quanto si occupava del rapporto tra lavoro e malattie.
Camminando sulla linea del tempo, vediamo che nell’epoca romana e in quella medievale si prestava attenzione alla salute dei lavoratori, ma fu nel 1556 che un medico tedesco – tale Georg Bauer (1494-1555), più noto con il nome latinizzato Georgius Agricola, scrisse il De Re Metallica (sulla natura dei metalli, n.d.r.), dando un contributo all’arte mineraria. In questo testo, oltre alle metodologie estrattive, venivano individuate le malattie collegate a questo tipo di attività.
Andando avanti, nel 1700, incontriamo un’altra figura storica, quella di Bernardino Ramazzini, professore di medicina all’Università di Modena e Padova. Questi pubblicò il testo “De Morbis Artificum Diatriba” (le malattie dei lavoratori n.d.r.), dove associò circa quaranta malattie alle occupazioni, soprattutto artigianali, di quel periodo. Ramazzini si dedicò all’osservazione delle condizioni di lavoro dialogando con i lavoratori più umili per chiarire le cause dei loro disturbi, visitava gli ambienti di lavoro per identificare i pericoli e osserva i danni per la salute, anticipava un obbligo che oggi deve assolvere il medico competente. Il suo precetto era: «prevenire è di gran lunga meglio che curare».
Nella prima metà del secolo XIX la problematica della sicurezza sul lavoro emergerà poi in modo evidente con l’avvento dell’industrializzazione. I rapporti di lavoro, che nella società agricola erano basati tra individui, si modificano determinando la divisione tra capitale e lavoro e il distacco tra lavoratore e imprenditore. La nuova situazione stimolò i lavoratori ad associarsi per rivendicare maggiori salari e migliori condizioni di vita che non potevano essere ignorate dall’autorità.
In seguito, dal 1886 al 1899, una serie di leggi regolamentarono le occupazioni dei lavoratori; in quel periodo nacquero anche le prime norme sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali:
nel 1886 fu promulgata la “L. 11 febbraio 1886, n. 3657 – Legge di tutela del lavoro dei fanciulli negli opifici industriali, nelle cave e nelle miniere”.
Era la prima di una serie di riforme ed interventi normativi, tra cui:
– la Legge17 marzo 1898, n. 80 “Infortuni sul lavoro”, poi nel 1899 con il R.D. 18 giugno 1899, n. 230 “Regolamento generale per la prevenzione degli infortuni”;
– La legge 22 dicembre 1912 n. 1361, che istituisce un corpo di ispettori dell’industria e del lavoro;
– R.D. 23 luglio 1913, n. 998, approvazione delle norme per il buon governo igienico nei cantieri delle grandi opere.
– R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere nel regno;
– La legge 26 aprile 1934, n.653, tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli.
Nel 1942 fu approvato il codice civile. L’articolo 2087 stabilì, ed è ancora vigente, che l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Con la Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, oltre a qualificare preliminarmente con l’art.1 in un triplice modo l’Italia: una repubblica, democratica, fondata sul lavoro, con l’art. 41 stabilisce che: l’iniziativa economica privata è libera ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Sin qui la storia “antica” della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Successivamente, a partire dagli anni del “boom economico”, dal 1955 circa, vi fu uno sviluppo “moderno” della disciplina giurisprudenziale antinfortunistica, in linea con l’evolversi di tecnologie, materiali, mezzi ed attrezzature e più in generale con una più acquisita consapevolezza in materia che, dopo una serie di decreti che trattavano la prevenzione degli infortuni sul lavoro (D.P.R. 547/1955), le norme d’igiene del lavoro (D.P.R. 303/1956) e altri testi legislativi, (una prevenzione però basata essenzialmente sulla protezione tecnologica delle macchine e delle attrezzature, ossia sulla gestione del “pericolo”) introdurrà, con l’esordio della cosiddetta rivoluzione industriale “del terzo periodo” ovvero quello che inizia nel 1970 con l’introduzione massiccia dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica, un concetto, appunto, più moderno di sicurezza sul lavoro che non deve essere una caratteristica che può essere stabilita in modo definitivo: per mantenerla occorrono tutta una serie di provvedimenti: organizzativi, tecnici, comportamentali e che porterà finalmente in Italia il primo testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il D.L. 626/1994, che dopo una serie di vicissitudini fu abrogato dall’odierno D.Lgs 81/2008, anch’esso “testo unico”, attualmente in vigore, e di cui spesso abbiamo trattato e trattiamo su queste colonne.